L`Europa delle lingue

L’Europa dei 27 e delle sue 23 lingue. Un’entità che abbatte e tutela i confini allo stesso tempo, invitando i vari popoli a cooperare senza perdere identità e tradizioni.

Questo si traduce in un enorme quantità di lavoro per…i traduttori, in particolare per quelli reclutati dall’Unione europea stessa e che devono rendere comprensibili a tutti i paesi i numerosi documenti redatti dai vari organi europei. Secondo il quotidiano italiano “La Repubblica”, il Parlamento europeo dispone di quattromila interpreti, che costano circa 1 miliardo di euro all’anno. La traduzione di un singolo documento in tutte le lingue dell’Unione può richiedere fino ad una settimana. Un segmento del mondo del lavoro stranamente a corto di risorse umane, nonostante la dilagante disoccupazione che tortura i giovani di buona parte dell’Europa. La carenza si spiega con l’alta qualificazione necessaria a diventare interpreti, soprattutto per lavorare all’interno delle istituzioni. Alla Commissione europea lavorano oggi 585 interpreti con posto fisso e 250-300 freelance, ma sembra non siano abbastanza. Le lingue più richieste sono inglese, francese e tedesco, mentre l’italiano resta spesso inutilizzato. Una questione che non va giù al Governo dello stivale, indignato da questo trilinguismo e determinato a difendere l’uso dell’italiano nell’Unione, a costo di presentare ricorso contro la decisione della Commissione di inserire solo inglese, francese o tedesco tra le seconde lingue a scelta per il test preliminare sottoposto ai candidati al posto di funzionario della Commissione.  L’Italia, è noto, preferisce far imparare agli altri la sua lingua, piuttosto che diventare poliglotta.  

Dopo il 2004
Con l’allargamento dell’Ue ai paesi dell’ex blocco sovietico, si sono aggiunte lingue di ceppo non latino, aumentando ulteriormente la domanda di interpreti. La disoccupazione preoccupa, la risposta è reinventarsi, saper sfruttare i cambiamenti a proprio vantaggio e non risparmiare sullo studio. I giovani devono, se vogliono trovare lavoro in un campo in crescita ma di difficile accesso, studiare in scuole apposite, oltre a sapere le lingue, possibilmente impegnandosi a viaggiare e fare esperienze all’estero. Gli sembrano spesso ancora pigri, fedeli alla loro strategia e pazienti,  in attesa che gli stranieri imparino l’italiano. Il guaio è che la tecnica funziona, con l’effetto collaterale di mantenere alto il livello di ignoranza delle lingue straniere, proprio in uno dei paesi fondatori dell’odierna Europa Unita.

Claudia Leporatti

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